L’aletta sul forcellone delle Desmosedici è stata il pomo della discordia tra i team ufficiali della MotoGP. In attesa del verdetto definitivo, ecco tecnicamente perché lo scontro su questa soluzione è così acceso
Come Francesco Totti che inventò il “cucchiaio” per scavalcare il portiere al calcio di rigore, il team Ducati MotoGP ha introdotto un altro tipo di “cucchiaio” per scavalcare gli avversari: come Andrea Dovizioso è riuscito a fare vincendo il GP del Qatar al termine di un furibondo corpo a corpo con Marc Marquez.
In sé il “cucchiaio” è una modesta appendice aerodinamica posta davanti alla ruota posteriore, che anche in anni di grande equilibrio tecnico come questi si fatica a immaginare possa essere risolutivo in gara. Perché dunque è diventato così importante, e così contestato dalle altre Case? Gigi Dall’Igna continua a ripetere che serve solo a raffreddare la gomma posteriore, e non genera carico aerodinamico. Un argomento che sembra risolutivo, soprattutto per come è formulato: non genera carico aerodinamico e quindi non dà vantaggi… come se raffreddare la gomma fosse meno importante che generare carico aerodinamico. Al contrario, può esserlo anche di più.
Il carico aerodinamico è infatti un modo per aumentare la forza verticale sugli pneumatici, per ottenere forze di aderenza superiori a parità di tutto il resto (pneumatici, asfalto e coefficiente di attrito fra i due, configurazione della moto eccetera). Ma anche il carico aerodinamico serve a ben poco se il pneumatico non lavora a dovere.
I pneumatici moderni sono oggetti estremamente complessi in cui diversi elementi strutturali (carcassa, tele, mescole), tenuti assieme da una costruzione sofisticata, collaborano per fornire prestazioni straordinarie, ma confinate in precise condizioni. Un pneumatico fornisce nell’area di contatto il grip teorico massimo soltanto in ben determinate “finestre” di pressione, temperatura, rugosità dell’asfalto e via dicendo.
In funzione di quel grip viene letteralmente costruita la moto, scegliendo i parametri di progetto in modo da poter sfruttare la massima aderenza offerta dalle gomme nell’intervallo di condizioni più ampio possibile e quindi diverse piste, diverse temperature e via dicendo. Il telaio, le sospensioni e l’elettronica della moto di fatto lavorano per mantenere i pneumatici all’interno delle “finestre” ottimali comunicate dai fornitori – nello specifico della MotoGP, Michelin.
SI tratta evidentemente di un compito estremamente difficile, da un lato perché il comportamento delle gomme è reso complesso dalle interazioni tra tutti i suoi componenti (basti pensare ai diversi “strati” dello pneumatico), dall’altro perché le loro specifiche continuano a cambiare durante l’anno, per effetto della continua evoluzione tecnica delle gomme stesse.
L’arma della Ducati si chiama MegaRide
Michelin e i team ufficiali cercano di caratterizzare le curve di aderenza su macchine apposite, ma è chiaro che quello che succede nella realtà della pista può poi essere piuttosto diverso. Per questo si cerca per quanto possibile di acquisire dati su moto laboratorio, ma questi dati forniscono poi informazioni ben poco utili se non si riesce a interpretarle e riportarle a condizioni differenti: un’altra pista, un’altra temperatura, una moto con un diverso bilanciamento.
Perché questo possa avvenire serve un “modello” del pneumatico, cioè una descrizione fisica e matematica del suo comportamento in funzione di parametri che i team possano misurare. Basti soltanto ricordare che la temperatura delle gomme durante il giro non è una costante, ma oscilla col susseguirsi delle frenate, delle curve e delle accelerazioni; e che l’effetto più importante sull’aderenza lo ha non tanto la temperatura del battistrada, quanto quella della carcassa: che nessun sensore può misurare. La si può soltanto ricavare, in maniera tanto più rapida, affidabile e precisa quanto migliore è il modello dello pneumatico adottato.
A detta di tutti, il team Ducati già da qualche anno è fra i più bravi a interpretare le gomme, e questo significa probabilmente che il suo modello è fra i più efficaci, se non il più efficace. Vi abbiamo già raccontato del rapporto tra Borgo Panigale e MegaRide, la startup napoletana leader nella modellazione del pneumatico, alla cui porta continuano a bussare in molti… ma Ducati si è assicurata i suoi servizi in esclusiva.
Parte delle innovazioni introdotte da Ducati, e fra queste l’impiego del “cucchiaio”, sono quindi sicuramente figlie di una comprensione più profonda del comportamento degli pneumatici Michelin. Le parole “serve solo a raffreddare la gomma posteriore” sono rivelatrici di quanto stia lavorando Ducati su questi aspetti, e quanto buoni siano i risultati. E spiegano perché gli altri team siano così convinti nel voler vietare il cucchiaio: per ragioni se vogliamo non aerodinamiche, ma termiche. Sperando di chiudere la stalla dell’aderenza quando i buoi del modello termico sono già scappati.